Olha Vozna - Ucraina

Il programma è stato realizzato in collaborazione con il Ministero dell'Interno - Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione

e con il cofinanziamento del Fondo Asilo Migrazione e Integrazione 2014-2020



Bosnia-Erzegovina

Cultura, Istruzione e Cucina

Anche se si possono individuare alcune tracce di forme architettoniche occidentali, di cui l'esempio più significativo è costituito dalla basilica benedettina di Trebinje, nel periodo medievale non si sviluppò una significativa architettura monumentale cristiana. A partire dal sec. XII si affermò invece la religione bogomila, di ispirazione manichea, che diede vita a un'espressione artistica autoctona di straordinaria originalità. Di particolare interesse sono i rilievi delle stele e dei sarcofagi delle necropoli bogomile (di Radimlje e Boljuni in particolare), con disegni geometrizzanti e scene di vita quotidiana. Della civiltà bogomila restano anche pregevolissimi manoscritti miniati su pergamena. Dei quattro secoli di dominazione turca rimangono architetture importanti, come mercati, bagni, ponti e grandi moschee, come quelle di Begova Džamija e Ali Pašma Džamja a Sarajevo, e Ferhadija Džamija a Banja Luka.

Nel corso del conflitto che dal 1992 al 1995 ha devastato il Paese, sono stati distrutti monumenti e opere d'arte insostituibili, come nel caso del bombardamento della città vecchia di Sarajevo o la distruzione dell'antico ponte turco di Mostar.

Purtroppo, lo spirito di tolleranza che un tempo portava tutti i bosniaci a celebrare le feste religiose delle varie comunità è andato perduto negli anni della guerra, distrutto con le moschee, le sinagoghe e le chiese.

Il primo documento scritto della zona risale al 1189, ed è una lettera redatta utilizzando l'alfabeto cirillico. A partire dal Cinquecento, la dominazione ottomana diffuse nella regione la cultura araba: una certa produzione letteraria slava venne anzi scritta in caratteri arabi (alhamiado). Solo con il romanticismo del pieno Ottocento anche in Bosnia si avviò una certa coscienza nazionalista, che indusse alcuni ricercatori a documentare e a raccogliere le tradizioni orali e leggendarie della regione.

La vita culturale del Paese è cresciuta sempre strettamente legata a quella delle popolazioni slave della vicina Serbia, sia nel corso del Medioevo, sia negli anni successivi alla fine dell'Impero ottomano. È stato solo con la guerra civile che una convivenza in apparenza priva di grosse diversificazioni si è risolta in feroce contrapposizione anche culturale, con sentimenti di orgogliosa appartenenza.

Persino la letteratura bosniaca in quanto tale nasce per contrapposizione alle identità serba e croata con la dissoluzione della ex Jugoslava. Anche lo stesso bosniaco è più un'entità sociologica e politica che linguistica. Prima della guerra non si era mai utilizzata l'espressione “lingua bosniaca”, visto che tra la lingua della Bosnia ed Erzegovina e il serbo non venivano in genere percepite, dagli stessi parlanti, differenze significative. 

Nel Novecento, gli scrittori nati in territorio bosniaco, come Ivo Andriċ, sono sempre stati considerati autori della letteratura serbo-croata, una categoria che comprendeva naturalmente anche la lingua e le opere della Bosnia ed Erzegovina; solo con la disgregazione della ex Jugoslavia e, soprattutto, con la guerra civile, si è avviato un processo di radicalizzazione delle identità con una scelta di campo anche linguistica e letteraria. Non tutti gli intellettuali condividono questo nazionalismo, come nel caso dello scrittore Predrag Matvejević, nato a Mostar ma da anni residente in Italia, autore di saggi e opere di narrativa che riflettono anche sull'improvvisa esplosione di un mondo che sembrava assestato nella sua pacifica convivenza.

Rivendicano la propria identità bosniaca, e quindi non-serba né tantomeno croata, sia pure con toni pacati scevri da retorica nazionalista e con sincera adesione al laicismo della cultura, il poeta Izet Sarajlić, il narratore e drammaturgo Abdullah Sidran e il drammaturgo e saggista Dzevad Karasahan – tutti portati a riflettere sul destino di Sarajevo e sulla fine della capacità di convivenza che aveva caratterizzato un tempo la vita della loro amatissima Bosnia – e il poeta Marko Vesović, serbo-bosniaco.

L'occupazione austriaca del 1878 portò a un miglioramento della vita musicale. A Sarajevo nel 1881 si tenne il primo concerto e nel 1900 fu aperta la prima scuola di musica. Il Teatro Nazionale sorse a Banja Luka nel 1930 e l'Opera di Sarajevo fu fondata nel 1946; due anni più tardi, nacque l'Orchestra Filarmonica.

Il canto popolare caratteristico è l'ojkanje (lamento), un canto a 2 voci alternato a trilli diffuso anche in Croazia e in altre regioni vicine. Le popolazioni musulmane hanno canti per soli uomini, che un tempo erano eseguiti nei ritrovi pubblici accompagnati dalla fisarmonica. Nelle zone rurali è ancora diffusa la musica di tradizione popolare come la sevdalinka, un genere vocale con accompagnamento di fisarmonica o pochi altri strumenti, molto influenzato dalla musica turca. Dal 1960 all'inizio degli anni Novanta, la cosiddetta “scuola di pop-rock di Sarajevo” ha dato avvio alla diffusione del rock in tutto il territorio della Iugoslavia.

La produzione musicale bosniaca si è affermata sulla scena internazionale soprattutto con le colonne sonore del musicista Goran Bregović per i film di Emir Kusturica. Bregović, star del rock jugoslavo già dagli anni Settanta, mescola i ritmi degli ottoni tzigani, le polifonie popolari di origine bulgara a elementi del rock internazionale. Nel Paese è famosa anche la band Zabranjeno pušenje, che negli anni Ottanta cominciò a contaminare il garage rock a sonorità e ritmi folk tradizionali; con il nome di No smoking Orchestra parte della band ha realizzato la colonna sonora del film di Kusturica Gatto nero, gatto bianco.

Gli anni del conflitto e le condizioni economiche e politiche che lo hanno seguito non hanno permesso per molto tempo che la vita culturale del Paese arrivasse a standard paragonabili a quelli europei. Ma la Bosnia ed Erzegovina è ricca di risorse intellettuali che l’esperienza della guerra o dell’esilio ha segnato profondamente e, per certi versi, ha reso paradossalmente ancora più vive. Negli anni del conflitto e dell’assedio di Sarajevo sono state proprio quelle risorse a garantire una orgogliosa e tenace resistenza e a fornire la base per la ripresa degli anni successivi.

A Sarajevo si svolge fin dal 1994 un importante festival cinematografico, il Sarajevo Film festival, che è stato per anni l'unico legame della città assediata con il mondo esterno.

Il cineasta bosniaco più conosciuto è indubbiamente Emir Kusturica, che vive per lunghi periodi lontano dai Balcani. Ma il Paese ha trovato proprio nel cinema il terreno forse più fertile per la riflessione post-bellica. Danis Tanović ha vinto l'Oscar per No man’s Land (2001), amaro reportage sui giorni del disastro. Il documentarista Pjer Zalica, autore di Benvenuto Mr. President (2003), fu tra i membri più attivi del SaGA (Sarajevo Group of Authors, gruppo di intellettuali, poeti e artisti) negli anni dell'assedio di Sarajevo. Tra il ‘92 e il ’94, Zalica, Ademir Kenović e altri realizzarono MGM Sarajevo, un lungo documentario sull'assedio e la guerra civile. Ademir Kenović è il regista anche de Il cerchio perfetto (1997), una storia toccante su due bambini durante la guerra. Da ricordare anche Srdan Vuletić, autore di Estate nella valle dorata (2003).

Dopo la fine del conflitto, pur nelle precarie condizioni di una pace difficile, a Sarajevo, tradizionalmente città colta e culturalmente vivace, è ripresa una certa attività artistica d'avanguardia con una dimensione anche internazionale.

Nel 2005, la città vecchia e il ponte di Mostar, parzialmente ricostruiti dopo la distruzione avvenuta nel corso della guerra civile, sono stati proclamati dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità, oltre che per il loro valore artistico, anche in quanto simbolo della capacità di convivenza tra culture ed etnie differenti.

Una delle perdite più gravi causate dalla guerra è stata quella della Biblioteca Nazionale. Durante l'assedio di Sarajevo, nella notte tra il 25 e il 26 agosto 1992, i serbo-bosniaci iniziarono un attacco alla Vijećnica, sede della Biblioteca: tre giorni di cannonate, mentre vigili del fuoco e volontari cercavano di salvare il salvabile tra le fiamme, le bombe e i colpi dei cecchini; una bibliotecaria di 32 anni perse la vita per proteggere dei libri. Dopo il conflitto, la Biblioteca è stata ricostruita con il contributo finanziario della Turchia e della Unione Europea, ma solo un decimo del suo prezioso contenuto si è salvato dal disastro.

In Bosnia ed Erzegovina ci sono quattro università: a Sarajevo, Tuzla, Mostar e Banja Luka.

La scuola dell'obbligo dura 11 anni, divisa tra ciclo elementare (8 anni) e medio. Il tasso di analfabetismo, nel 2012, era stimato intorno al 1,8%.

 

CUCINA

La cucina è simile a quella degli altri Paesi dei Balcani, ricca di influenze orientali derivate dalla dominazione ottomana: sono diffusi ovunque il kebab, il bosanski lonac, una specie di stufato di carne di montone con cavolo e paprica, il burek, una torta salata di strati di formaggio e carne, e la pida, una specie di piadina ripiena di carne tritata.

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