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Progetto Wagner: Die Walküre (La Valchiria)

in onda venerdì 8 novembre alle ore 20,00

Progetto Wagner: Die Walküre (La Valchiria)

Nel 1869 aveva avuto luogo la prima rappresentazione dell’”Oro del Reno”, già Prologo della Tetralogia, contrariando non poco Richard Wagner: egli del suo mastodontico progetto aveva immaginato una rappresentazione-fiume che esaurisse in alcuni giorni consecutivi tutte le quattro parti del lavoro; per realizzare questo suo sogno Wagner dovrà aspettare il 1876 a Bayreuth, mentre – sempre per volere del suo amico e mecenate re Ludwig II di Baviera – anche per “Die Walküre”, prima giornata della saga wagneriana, nel 1870 dovette assistere suo malgrado ad una rappresentazione staccata dal contesto globale in un teatro ”normale”, quel Nationaltheater di Monaco che aveva ospitato anche la prima di “Tristano” e “Meistersinger”.

Con “La Valchiria” siamo direttamente proiettati – nell’ipotetica ottimale lettura consequenziale - dal mondo delle divinità primigenie del “Rheingold” alle vicende degli umani; l’opera si apre infatti in una semplice capanna nel bosco e i nuovi personaggi (Siegmund, Sieglinde e il di lei consorte Hunding) parrebbero ascrivibili alle tradizionali situazioni drammaturgiche sintetizzate dal consueto triangolo amoroso; ma Wagner aveva ormai deciso di abbandonare del tutto ogni ambientazione storica o realistica, e quindi – più vicini al senso universale di una tragedia greca che ad un dramma sentimentale ottocentesco – scopriremo che i due, divenuti amanti, sono anche fratelli nonché figli del dio Wotan, e da loro nascerà Sigfrido, il grande eroe dei miti germanici protagonista del terzo dramma della saga wagneriana.

Come nei miti classici da Grecia a Roma, uomini e dei sono imparentati non solo da più o meno lecite unioni, ma soprattutto dalle passioni che animano entrambi i mondi, vero legame tra eterno e mortale - e viceversa; in quella sorta di germanico Olimpo gli dei amano soffrono e scontano il male quanto gli umani sulla terra, in un destino comune.

Proprio come nel parallelo cammino verdiano gelosie, avidità e potere si muovono nell’opera insieme ad amore amicizia rispetto e fedeltà, anche se come sappiamo siamo di fronte a due mondi artistici, umani e musicali ugualmente eccelsi ma parzialmente inconciliabili; quello di Wagner è un pensiero globale che assorbe dramma musica e filosofia pervenendo a considerazioni estreme; nella sua musica si sostanziano realtà appartenenti a piani diversi, da quello sensibile di oggetti ed immagini naturali a quello più impalpabile della fluidità della coscienza.

Si arriva così ad intuire i legami tra Wagner e le dottrine psicoanalitiche di cui ha scritto Thomas Mann nel saggio “Dolore e grandezza di Richard Wagner” (1933): "nulla è più wagneriano di questa mescolanza di mitica primitività e di psicologia, meglio ancora moderna psicanalisi”.

Illuminanti anche le parole di Giuseppe Sinopoli (psichiatra nonché compianto grandissimo direttore): ”E’ sconvolgente la componente psicoanalitica di Wagner, la sua preveggenza rispetto a Freud… I Leitmotive danno la possibilità a Wagner di tracciare come una stratificazione di stati d’animo e di livelli di coscienza di ciascun personaggio… e qui Wagner segna il punto più geniale del teatro moderno e anche contemporaneo aprendo all’inconscio una porta importante e questo molto prima che apparissero i teorici dell’inconscio (Freud compone la Traumdeutung nel 1900 mentre la composizione della Walkiria è della metà degli anni ‘50)”.

La musica di Wagner appare linguaggio unico e quasi a sé stante; impossibile circoscriverla sinteticamente in arie o brani staccati, anche se proprio nel caso di questa “Walküre” è raro trovare chi non ne conosca la “Cavalcata”, resa celebre – manco a dirlo – da un uso abbondantissimo in cinema e televisione tanto da diventare un “riff” universale quasi come il mitico destino beethoveniano che bussa alla porta, di certo le quattro note più famose della storia.

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