Violoncelli - Santa Cecilia
Villa-Lobos - Bachiana Brasileira n. 5

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    Auditorium Parco della Musica
    I Violoncelli dell ’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

     

    Rosa Feola soprano

     

    South American Getaway: Bachianas Brasileiras

    Astor Piazzolla
    (Mar del Plata 1921 - Buenos Aires 1992)
    “Yo soy Maria” da Maria de Buenos Aires
    per soprano e orchestra di violoncelli
    (arrangiamento di Francesco Storino)

    AA.VV .
    T’Ango!
    fantasia di tanghi con sorprese musicali
    (arrangiamento di Francesco Di Donna)

    Heitor Villa-Lobos
    Bachiana Brasileira n. 5
    per soprano e orchestra di violoncelli
    Aria (Cantilena) - Adagio
    Danza (Martelo) - Allegretto

     

    Le musiche in programma
    di Andrea Penna
    Tratto dal programma di sala dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

    Astor piazzolla
    (Mar del Plata 1921 - Buenos Aires 1992)
    “Yo soy Maria” da Maria de Buenos Aires
    per soprano e orchestra di violoncelli (arrangiamento di Francesco Storino)

    Molti grandi precursori e maestri del tango argentino (Troilo, D’Arienzo, Di Sarli, Donato, De Caro, Contursi, Canaro, Pugliese) vantavano sangue italiano e anche il padre dell’uomo che ha rivoluzionato il tango moderno, Astor Piazzolla, aveva ascendenze paterne nelle Puglie.
    Piazzolla ha trasformato il tango in un idioma musicale culturalmente elevato, sofisticato e moderno, riuscendo però a non tradirne l’essenza profonda, il senso del destino, di passione, di disperazione e di rimpianto. Nel suo nuevo tango passione e sensualità si muovono con i medesimi passi della tristezza e della nostalgia, esprimendo una forza ed un’intensità raramente raggiunti nel tango tradizionale. Maria de Buenos Aires, scritta nel 1968 (e dedicata all’italianissima Milva) è uno dei frutti più complessi del rapporto di Piazzolla con il poeta Horacio Ferrer. Pensata come originale radiofonico, Maria de Buenos Aires è un’operatango, chiamata appunto “operita”, che racconta in due atti la vicenda drammatica di Maria, operaia di un’industria tessile e prostituta, che dopo morta riappare dal sottosuolo della città in forma di ombra: una metafora della rinascita della città stessa, che eternamente risorge dalle proprie ceneri.
    Yo soy Maria, la sensuale e travolgente presentazione della protagonista, è senz’altro il brano più noto dell’intero lavoro, uno degli emblemi della musica di Piazzolla, entrato poi nel repertorio di molte grandi artiste del nostro tempo, senza contare le numerosissime versioni strumentali che ne sono state realizzate.

    Astor Piazzolla
    Maria de Buenos Aires
    Yo soy Maria de Buenos Aires
    Yo soy María de Buenos Aires!
    De Buenos Aires María no ven quién soy yo?
    María tango, María del arrabal!
    María noche, María pasión fatal!
    María del amor! De Buenos Aires soy yo!
    Yo soy María de Buenos Aires,
    Si en este barrio la gente pregunta quién soy:
    Pronto muy bien lo sabrán
    Las hembras que me envidiarán,
    Y cada macho a mis pies
    Como un ratón en mi trampa ha de caer!
    Yo soy María de Buenos Aires!
    Soy la más bruja cantando y amando también!
    Si el bandoneón me provoca... Tiará, tatá!
    Le muerdo fuerte la boca... Tiará, tatá!
    Con diez espasmos en flor que yo tengo en mi ser!
    Siempre me digo “Dale María!”
    Cuando un misterio me viene trepando en la voz!
    Y canto un tango que nadie jamás cantó
    Y sueño un sueño que nadie jamás soñó,
    Porque el mañana es hoy con el ayer después, che!
    Yo soy María de Buenos Aires!
    De Buenos Aires María yo soy, mi ciudad!
    María tango, María del arrabal!
    María noche, María pasión fatal!
    María del amor! De Buenos Aires soy yo!

    Testo di Horacio Ferrer

     

    AA.VV .
    T’Ango!
    fantasia di tanghi con sorprese musicali
    (arrangiamento di Francesco Di Donna)

    Con il multiforme fenomeno musicale del Tango, la musica e l’arte dell’America Latina, invece di raccogliere ed elaborare influenze che vengono dall’Europa o dal Nord America, finalmente iniziano a contaminare e travolgere gli altri continenti. A partire dalla fine del XIX secolo, molto prima della rivoluzione del jazz, il mondo intero viene rapidamente contagiato da una febbre del tango la cui temperatura ha continuato, pur oscillando, a mantenersi accesa e bruciante fino ai nostri giorni.
    Ancora una volta il tango trae origine dal meticciato culturale: nato indubbiamente in luoghi non troppo raccomandabili (Jorge Luis Borges ripeteva “il tango è nato nei bordelli”) – nella zona portuale di Buenos Aires – dove dall’incontro fra emigranti europei, lavoranti locali, neri e creoli, scaturì una sintesi e una mescolanza di Habanera cubana, percussioni africane, polke e mazurke europee, danze spagnole, milónga argentina, melodia italiana. Il tango prende vita da tutti questi elementi e prospera negli angiporti, in un clima di machismo e violenza, dove la relazione possessiva fra uomo e donna può diventare passione feroce, persino mortale. In pochi de- cenni però la danza e la musica eseguita con il bandoneón (la tipica fisarmonica di origine tedesca usata negli ensemble di tango) e ancora il tango cantato di Gardel conquista i caffè, le sale da ballo, i teatri e il cinema: Buenos Aires, l’Argentina, l’America, il mondo intero.

     

    Heitor Villa-Lobos
    Bachiana Brasileira n. 5
    per soprano e orchestra di violoncelli
    Aria (Cantilena) - Adagio
    Danza (Martelo) – Allegretto

    “L’America siamo noi: poi ci sono gli abitanti dell’America del Nord”. Questione di punti di vista, si potrà obiettare, ma le parole taglienti e ironiche di Luis Bacalov testimoniano bene la consapevolezza di non essere, anche musicalmente, secondi a nessuno, tenendo ben presente il ruolo che il Sud America ha svolto per oltre due secoli nella storia della musica: crogiolo di influenze, laboratorio di linguaggi, serbatoio di artisti, musicisti, danzatori come pochi altri al mondo. In un concerto dedicato alle tante sfaccettature delle musiche dell’America Latina, risalta quindi la centralità di quel continente nella vicenda musicale dell’Occidente, testimoniata da un itinerario che, nota per nota, svela quale debito la cultura e l’immaginario odierno abbiano contratto con una tradizione secolare, ancora oggi ricchissima e in gran parte da recuperare e da scoprire.
    Talvolta, per raccontare sommariamente la storia musicale di un paese, si tende ad identificarlo con un singolo musicista, impegnandosi in un esercizio estremamente difficile, oltre che sostanzialmente inutile. Forse solo in un caso la scelta potrebbe avvenire con una facilità e una concordia sorprendente: Heitor Villa-Lobos rimane infatti ancora oggi il simbolo della musica di ascendenza colta in Brasile.
    Il Brasile in cui cresce Villa-Lobos (1887 - 1959) è una nazione nuova, in pieno fermento, da poco liberata dalla stretta coloniale del Portogallo, pronta ad iniziare un lento e faticoso percorso di evoluzione. Villa-Lobos sviluppa la passione per la musica grazie allo studio del violoncello, o meglio studia su una viola “da braccio” a cui il padre aveva applicato un puntale in modo che il piccolo Heitor, a sei anni, potesse utilizzarla come viola “da gamba”. Morto suo padre, la madre cerca in tutti i modi di spingere il giovane Heitor allo studio della medicina, con il risultato che in breve il ragazzo abbandona la famiglia per unirsi ad un gruppo di musicisti di choro. Genere musicale nato negli anni Settanta dell’Ottocento, il choro (dal portoghese, pianto, lamento) costituisce la vera e propria anima della musica popolare del Brasile, ben prima del samba o della bossa.
    Il choro prendeva le mosse dalle danze importate dall’Europa, soprattutto polka e valzer, trasformate e fuse con elementi folcloristici, grazie alla pratica dell’improvvisazione, con grande sfoggio di virtuosismo. Il choro infatti si suona tradizionalmente in cerchio, la cosiddetta “roda”, nei bar o nei caffè, ma anche nei giardini o sulle scene dei teatri municipali. Villa-Lobos gira lungamente il vastissimo paese con i musicisti di choro, raccogliendo un tesoro di esperienze umane e musicali (soprattutto legate al folclore indigeno e agli elementi naturali) che saranno di estrema importanza nello sviluppo della sua personalità artistica. L’altro polo di attrazione per Villa-Lobos è la grande tradizione musicale europea, per la quale ha una vera e propria venerazione: il compositore legge avidamente le partiture dei musicisti ottocenteschi e dei contemporanei, e il soggiorno parigino (1923-1929) del compositore carioca – che nel frattempo si era perfezionato con la pianista Lucilia Guimarães – diviene un’altra tappa fondamentale del suo percorso di maturazione artistica. Le Bachianas Brasileiras sono tra gli esempi più felici e significativi dell’incontro delle diverse anime dell’artista: il variegato bagaglio di musica popolare, le esperienze della musica tradizionale brasiliana e la grande letteratura musicale europea, qui incarnata dalla figura monumentale di Johann Sebastian Bach.
    Scritte fra il 1930 e il 1945, le Bachianas Brasileiras sono un gruppo di nove composizioni per diversi organici strumentali, che Villa-Lobos immagina come un omaggio a Bach, sulla scorta dei Concerti brandeburghesi: si tratta brani che fondono con straordinaria originalità elementi formali provenienti dall’esperienza bachiana con modi, elementi melodici e strutture della musica popolare brasiliana. Ciascun movimento delle Bachianas Brasileiras ha un doppio titolo: uno di chiara ascendenza bachiana, l’altro brasiliano. La Bachiana Brasileira n. 5 non è soltanto la più famosa delle nove, ma con ogni probabilità è anche il pezzo più universalmente noto dell’intera produzione di Villa-Lobos. Strutturata in due movimenti, composti in epoche diverse e riuniti nel 1945, è scritta per soprano e ensemble di violoncelli (ne esistono altre versioni, per voce e chitarra e per voce e pianoforte, curate dallo stesso autore nel 1947).
    L’Aria (Cantilena), composta nel 1938, si apre con un breve episodio di pizzicato dei violoncelli, ad imitazione della chitarra, cui segue immediatamente la voce del soprano, che intona la celebre cantilena senza parole, suadente e dolcissima, accompagnata all’unisono dall’ensemble dei violoncelli, che poi riprendono da capo la melodia. La sezione centrale, dal taglio più drammatico, si incentra su una sezione di un poema di Ruth Valladares Corrêa, e ad essa segue una ripresa della cantilena, nel medesimo stile della parte iniziale, chiusa in risoluzione acuta dalla voce sopranile.
    Assai efficace il contrasto con il secondo movimento, Danza (Martelo), scritto sui versi del poeta Manuel Bandeira, aggiunto sette anni dopo. È un brano dal marcato carattere danzante, una sorta di Rondò, il cui carattere ricalca da vicino i modi improvvisatori tipici delle tradizionali gare poetiche nordestine. La voce del soprano, che si lancia in una brillante imitazione dei canti di varie specie di uccelli (una delle passioni ricorrenti di Villa-Lobos), si amalgama felicemente al suono dei violoncelli, per concludere poi il pezzo con una breve, elegante cadenza.

    Heitor Villa-Lobos
    BACHIANA BRASILEIRA n. 5
    Aria (Cantilena)
    Tarde uma nuvem rósea lenta e transparente.
    Sobre o espaço, sonhadora e bela!
    Surge no infinito a lua docemente,
    Enfeitando a tarde, qual meiga donzela
    Que se apresta e a linda sonhadoramente,
    Em anseios d’alma para ficar bela
    Grita ao céu e a terra toda a Natureza!
    Cala a passarada aos seus tristes queixumes
    E reflete o mar toda a Sua riqueza...
    Suave a luz da lua desperta agora
    A cruel saudade que ri e chora!
    Tarde uma nuvem rósea lenta e transparente
    Sobre o espaço, sonhadora e bela!
    Testo di Ruth Valladares Corrêa

    Dança (Martelo)
    Irerê, meu passarinho do Sertão do Cariri,
    Irerê, meu companheiro, Cadê vióla?
    Cadê meu bem? Cadê Maria?
    Ai triste sorte a do violeiro cantadô!
    Ah! Sem a vióla em que cantava o seu amô,
    Ah! Seu assobio é tua flauta de Irerê:
    Que tua flauta do Sertão quando assobia,
    Ah! A gente sofre sem querê!
    Ah! Teu canto chega ládo do funo do sertão,
    Ah! Como ua brisa amorecendo o coração… Ah!
    Irerê, solta teu canto! Canta mais! Canta mais!
    Pra alembrá o Cariri!
    Canta, cambaxirra! Canta, juriti! Canta Irerê!
    Canta, canta sofrê patativa! Bemtevi!
    Maria acorda que é dia
    Cantem todos vocês passarinhos do sertão!
    Bemtevi! Eh! Sabiá!
    La! Liá! Liá!
    Eh! Sabiá da mata cantandô! Liá!
    Eh! Sabiá mata sofredô!
    O vosso canto vem do fundo do sertão
    Como una brisa amolecendo coração.

    Testo di Manuel Bandeira

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