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Un italiano emigrato in America

ROMA\ aise\ - "La lingua italiana costituisce per gli italiani all’estero una fondamentale forma di conservazione e rispetto per le proprie radici. I nostri connazionali che per primi emigrarono negli Stati Uniti la parlavano a stento, perché partirono quando erano ancora i dialetti a farla da padrone in una neonata Italia.

Spesso, poi, l’integrazione in America fu incentivata anche con la spinta ad usare la lingua americana, a danno dell’uso di quella italiana. Oggi la lingua italiana è motivo di vanto e sinonimo di alto profilo per molti americani, non solo di origine italiana". Ne parliamo con Berardo Paradiso, imprenditore di successo e presidente dello Iace, Italian American Committee on Education.

Ad intervistare Paradiso è stato Umberto Mucci, rappresentante in Italia dell'Italian American Museum di New York, che firma questo articolo per il quotidiano L'Opinione.

D. Presidente Paradiso, qual è la sua storia di successo di italiano emigrato in America?

R. Sono nato e cresciuto a Buonalbergo, in provincia di Benevento. Mi sono laureato in ingegneria meccanica al Politecnico di Napoli e poi sono emigrato in Svizzera, dove ho sviluppato la mia carriera prima di spostarmi a Porto Rico; all’inizio degli anni ’80 mi sono trasferito a New York, dove ho creato la mia azienda che ancora oggi guido. Ho avuto la fortuna di ricevere numerosi riconoscimenti da parte del mio Paese: tra questi, sono particolarmente orgoglioso di essere Cavaliere della Repubblica Italiana. Ho svolto numerosi incarichi al servizio della comunità italoamericana, prima di essere nominato a capo dello Iace: ho presieduto la Camera di Commercio Italiana a New York, faccio parte della delegazione di New York Soho della Accademia Italiana della Cucina, e sono nei board di diverse istituzioni che celebrano l’italianità a New York nel campo della educazione e della cultura.

D. Parliamo dello Iace, Italian American Committee on Education. Che cos’è, dove e come agisce l’istituzione da Lei guidata?

R. Lo Iace è un ente no profit, che sotto la guida del sottoscritto e del suo Consiglio di Amministrazione, l’egida del Ministero degli Esteri, dell’Ambasciata Italiana a Washington e del Consolato Generale di NYC, ha la missione di promuovere lo studio dell’italiano nelle scuole americane dei tre stati di New York, New Jersey e Connecticut, operando con fondi in parte governativi e in parte privati, coinvolgendo circa 100 scuole pubbliche e private e circa 42 mila studenti all’anno. Organizziamo anche corsi per adulti e bambini che non frequentano le scuole dell’obbligo: circa 1000 studenti all’anno sono coinvolti in questi corsi. La lingua Italiana è in concorrenza con altre lingue offerte nelle scuole pubbliche (ad esempio il francese, il cinese e lo spagnolo): per poter attrarre gli studenti e gli insegnanti a scegliere l’italiano abbiamo introdotto nuove iniziative. È da notare che gran parte degli studenti che frequentano i nostri corsi non sono italoamericani: appartengono a tutte le razze e culture, molti da quartieri non privilegiati come Harlem e il Bronx. Migliaia di bambini partecipano a questi eventi. Ad esempio, un primo gruppo di studenti di 15-17 anni ha visitato lo show room della Ferrari di Park Avenue: imparando la storia della casa automobilistica italiana come esempio dell’eccellenza del Made in Italy in campo industriale e tecnologico, guardando un video sulla sua fabbrica, osservando i motori e le auto in mostra, interagendo al computer dove si può “creare” online l’auto dei propri sogni. Ancora, all’International Culinary Center (Icc) a Soho circa 800 studenti delle medie inferiori parteciperanno alle lezioni del ciclo “Mangia Sano & Parla Italiano”, iniziato lo scorso anno: a insegnare sono gli chef della School of Italian Studies dell’Icc. Per ogni lezione, 70 diversi studenti imparano a cucinare due piatti di pasta – una secca e una fresca -, aiutano lo chef/maestro a preparare i piatti, imparano l’Abc dell’italiano in cucina e l’importanza degli ingredienti freschi per una dieta sana.Infine c’è “Tutti all’Opera!”: circa tremila studenti scopriranno “La Traviata” di Verdi, “Gianni Schicchi” di Puccini ed altre opere famose al DiCapo Opera Theatre a Manhattan (184 East 76th street). È un programma di grande successo che ogni anno porta migliaia di studenti ad assistere a una versione ridotta dei più importanti capolavori del repertorio italiano, dopo averne studiato in classe la trama; il direttore del teatro Michael Capasso aiuta il pubblico a seguire lo spettacolo e alla fine c’è una sezione di domande/risposte con i cantanti/attori.

D. Perché la lingua italiana è così importante per la comunità italoamericana?

R. Direi che la lingua Italiana è importante per tutti, non necessariamente solo per gli italoamericani. Il 60% degli studenti delle scuole pubbliche che scelgono l’Italiano come seconda lingua non è di origine italoamericana. La nostra non è più solamente una lingua etnica, bensì una lingua di cultura e di business, necessaria per meglio capire l’arte e la musica ma anche importante per lavorare con le imprese italiane presenti negli Usa, vedi il caso Fiat con la Chrysler. Secondo l’Institute of International Education, l’Italia è il primo paese non di lingua inglese come meta degli universitari americani per un periodo di studio all’estero. A mio parere una lingua è come un prodotto, bisogna renderla attraente e venderla. Tre cose occorrono per conquistare un mercato: un prodotto di qualità, un territorio ricettivo, e dei buoni manager. Per il prodotto, nessuno può dubitare che lingua e la cultura italiana rappresentino un capitale unico: secondo l’Unesco il 65% dell’arte è concentrata nel nostro Paese. Quanto al territorio: c’è. Siamo in America, un paese amico che tendenzialmente ci vuol bene. Gli americani sono venuti due volte a tirarci fuori dalle guerre, dalle invasioni e dalle cattive scelte. D’altra parte i nostri connazionali hanno costruito una buona parte di questo paese e non c’è famiglia italiana che non abbia un parente lontano in America. Va detto anche che l’ultimo censimento nel 2010 racconta che oltre venti milioni di persone negli Usa, in un modo o nell’altro, dichiarano di avere un legame con l’Italia. Non c’è nessun dubbio quindi che l’influenza italiana arrivi anche indirettamente non a venti milioni ma almeno al doppio degli americani. Ma tutto questo ovviamente non basta. Non si può avere un prodotto bellissimo e tenerlo in casa... bisogna portarlo sugli scaffali! Insomma, è fondamentale la sinergia tra mondo imprenditoriale e cultura. La lingua e la cultura italiana debbono svolgere anche un ruolo di sostegno al Made in Italy. Per farlo abbiamo bisogno di far conoscere al popolo americano il meglio della nostra nazione. È chiaro che le mie speranze sono riposte soprattutto nei giovani. Noi allo Iace cominciamo dai bambini, anche i più piccoli. Far capire a loro cosa è l’Italia e in che modo la lingua italiana li può aiutare, farli crescere. È dimostrato che la conoscenza delle lingue rende le persone più aperte verso le altre culture. Non si tratta solo di dare agli studenti buone basi per il futuro nel mondo del lavoro, ma anche di creare cittadini aperti ad un mondo in trasformazione. Abbiamo iniziato un programma molto bello con la scuola di New Rochelle, abbiamo da quattro anni un programma bilingual, dalla prima alla quarta elementare. Tutte le discipline vengono insegnate in inglese e italiano, il risultato è che questi giovani sognano di essere italiani.

D. Come funziona il sistema dell’insegnamento della lingua italiana negli Stati Uniti? Cosa potrebbe fare di più il nostro Paese?

R. Qui in America le lingue straniere vengono studiate soprattutto nelle scuole medie, quelle superiori e nelle università: si calcola che circa 250mila persone studino annualmente l’italiano negli Usa. La nostra lingua italiana è tra quelle straniere più studiate, seconda solo allo spagnolo. I presidi delle scuole elementare hanno la facoltà di offrire una o più lingue straniere nella propria scuola, ma per farlo hanno bisogno dei fondi necessari per pagare gli insegnanti. Lo Iace con i fondi del Ministero degli Affari Esteri interviene soprattutto presso le scuole elementari nelle aree a larga percentuale di italoamericani. Lo stato Italiano ha fatto molto e continua a farlo grazie al grande impegno dell’attuale Ministro degli Esteri, Giulio Terzi, che ha proclamato il 2013 anno della lingua e cultura italiana negli Usa: ci saranno eventi importantissimi di grande livello in tutti gli Stati Uniti. L’ambasciatore a Washington, Claudio Bisogniero, e tutti gli uffici Consolari sparsi negli Usa, in particolar modo quello di New York guidato dal Console Generale, Natalia Quintavalle, sono molto focalizzati sulla promozione della lingua e della cultura italiana.

D. Lei è anche nella Consulta dell’Accademia Italiana della cucina, istituzione culturale della Repubblica Italiana nata negli anni ’50 per salvaguardare il patrimonio culturale del costume gastronomico del nostro Paese. Da Presidente dello Iace ha voluto curare anche la diffusione dell’educazione su questa eccellenza italiana, iniziato le “cooking classes” in collaborazione con Eataly. Di che si tratta?

R. Si tratta di una partnership fra lo Iace, Eataly e la scuola di cucina di Lidia Bastianich, appena inaugurata: più di 1000 studenti parteciperanno ai corsi a partire da quest’anno accademico 2012-2013. Due volte al mese Lidia ospiterà studenti delle elementari e della scuola superiore che faranno un tour guidato del “mercato” per imparare a conoscere gli ingredienti e l’importanza della loro freschezza; guarderanno come sono fatti in loco il pane, la mozzarella e altri prodotti tipici e potranno assaggiarli; poi nell’aula, dotata di cucina, impareranno a preparare un pasto semplice, come la pasta al pomodoro. Questo progetto è importante per combattere l’obesità presso i giovani, perché insegna loro che si può mangiare sano senza sacrificare il gusto. Mangiando italiano".

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