Scatti di scena

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Intervista a Giovanni Scifoni (Fulvio Sbaretti)

Come è nato questo tuo nuovo impegno?

Per quanto io col tempo riesca a guadagnare sempre maggiore credibilità nella mia professione ogni volta che mi succede di superare un provino per un ruolo mi capita di pensare di averlo “espugnato”: un’impresa simile è come espugnare una città fortificata, devi convincere tutti.. In questa occasione ho contattato il produttore Sergio Giussani, (per cui avevo già lavorato accanto a Lando Buzzanca nelle fiction “Io e mio figlio” e “Il commissario Vivaldi”) e quando mi sono ritrovato a sostenere un provino con Maurizio Zaccaro abbiamo familiarizzato così tanto fino al punto che lui ha voluto che rimanessi lì per tutto il giorno a  dare le battute fuori campo agli altri candidati: non voleva più mandarmi  a casa, insomma...

Chi è il Fulvio Sbaretti che interpreti, che approccio hai avuto verso il ruolo?

Mi sono documentato molto prima delle riprese, quando crei un personaggio e devi confrontarti con la vita reale delle persone non puoi agire come ti pare, è un limite in più che ti metti addosso: l’eccessiva libertà spesso è “castrante”, un attore ha bisogno di limiti, è come un bambino che se viene messo in uno spazio vuoto libero di agire rimane fermo, ma se gli viene detto che non può fare né questo né quest’altro allora si organizzerà e inventerà un gioco fantasioso e meraviglioso. Allo stesso modo se un interprete si ritrova davanti ad una vita vera da rappresentare non può prendersi troppe libertà altrimenti i familiari, i custodi della sua memoria, potrebbero rimanere delusi e feriti. Prima di recitare in questo film avevo sempre pensato che durante la Resistenza i partigiani fossero stati tutti civili, studenti, operai o contadini e invece ho appreso che tra loro ci furono anche diversi militari, molti dei quali Carabinieri, ci sono state tante storie di eroismo che nel tempo sono state rimosse rimanendo sconosciute ai più. La scoperta mi ha colpito e stimolato molto e ha fatto crescere in me il desiderio di raccontare nel miglior modo possibile questa nuova storia. Ho saputo ad esempio che i militari che favorivano la Resistenza quando scrivevano ai familiari negavano tutto, dovevano mantenere con le istituzioni del regime nazifascista una certo atteggiamento di facciata per poi agire sotto traccia collaborando con i partigiani nottetempo: era tutta una doppia vita e un doppio gioco per tenere nascosto alle persone vicine questa realtà. Nel corso della vicenda che raccontiamo, ambientata nel 1944 nella caserma di Fiesole, il mio personaggio, Fulvio, il carabiniere su cui si appoggia gran parte dell’emotività della storia spedisce allo stesso modo diverse lettere alla sua fidanzata. Il brigadiere Giuseppe Amico a un certo punto esorta i suoi uomini a fuggire e a unirsi alla Resistenza ma questo evento, una volta scoperto, minaccia di provocare una rappresaglia dei nazisti tra i civili: il dilemma dei carabinieri che ne conseguirà sarà incentrato sulla scelta di seguire il loro capo comunque per uno scopo nobile e alto - la liberazione dell’Italia- o assecondare invece una coscienza che avverte che dall’altra parte ci sono persone innocenti che stanno per morire e che vanno salvate. La coscienza è la legge universale iscritta nel nostro cuore, il nostro imperativo categorico, il dramma profondo non è tanto quando si deve fare una scelta tra bene e male ma quella che deve compiersi tra due tipi di bene: sono poche le persone che scelgono il male deliberatamente.. In questa occasione il mio personaggio è combattuto, sente che le cose non andranno come lui immagina, ma alla fine decide e sceglie quello che gli costerà personalmente di più, obbedire alla propria coscienza, alla legge universale e decide di consegnarsi. Fulvio Sbaretti non vuole diventare un eroe, fino a quando il fucile non spara contro il suo petto il suo vero unico desiderio è essere un giorno un padre di famiglia e in questo senso l’evento finale della sua vita finisce col realizzare la sua vocazione più profonda perché con la sua decisone matura e autorevole si comporta come un padre nei confronti del prossimo, di chi gli sta accanto.

Come mai hai sentito così vicino questo ruolo?

Mi interessano sempre molto i personaggi che hanno in testa qualcosa che li distrae fortemente dalla linea narrativa principale e in questo caso Fulvio ha in testa un unico pensiero, la sua ragazza e il matrimonio che li aspetta, porta avanti una “linea sentimentale” molto forte che lo conduce continuamente lontano da quello che succede nella vicenda. Questa sua forza lo rende eroe in maniera più drammatica, non intraprende una scelta così coraggiosa perché è quella la sua indole ma a un certo punto realizza che non può  farne a meno, ha un imperativo morale dentro di sé che gli dice che è la cosa giusta da fare: ogni volta che prendiamo certe decisioni gravi sono quelle che ci portano lontano da quello che abbiamo sempre fatto e pensato fino ad allora.

Come ti sei trovato con Maurizio Zaccaro?

Se tu sei sul set per i fatti tuoi in una pausa fuori campo lui con la macchina a spalla si gira e ti inquadra all’improvviso perché magari si accorge al momento di avere davanti a sé l’urgenza di un materiale vivo da filmare Se un attore viene convocato sul set in un certo giorno deve essere sempre pronto in ogni momento, anche se sta pulendo le unghie, perché Zaccaro può “piombarti” da un momento all’altro sotto le narici con la sua cinepresa accesa..Se poi non ti fai trovare pronto e ricettivo e giri male la scena peggio per te.. lui corre come Mennea.. la devi fare bene subito, poi magari la taglia, la aggiusta e la risolve in modo diverso ma tu in quei momenti non puoi distrarti mai. Mi fa molto simpatia, è  un regista di grande esperienza, gira con il suo film completamente in testa e questo rende tranquilli i suoi  attori, che si troverebbero molto peggio su un set con un regista che “cerca il suo film”, raccoglie tutto il materiale possibile e poi non si sa mai che cosa userà.. Maurizio sa sempre perfettamente quello che vuole, ti dice esattamente cosa fare anche se in un certo momento devi grattarti un orecchio e tu lo assecondi sempre e comunque perché sai di essere in ottime mani.

Come ti sei trovato con gli altri interpreti?

Prima delle riprese li conoscevo tutti professionalmente ma nessuno da vicino, poi quando si ritrovano tutti insieme una decina di giovani attori ogni giorno nasce fatalmente un bel cameratismo, si fa squadra ci si diverte, dirlo sembra un luogo comune ma in fondo siamo tutti bambini che giocano con il pongo..Ma se di attori simpatici è pieno il mondo è meno semplice trovare gente preparata, in questa occasione per fortuna abbiamo potuto contare su persone di grande esperienza mentre spesso ci si ritrova a faticare tanto con altre senza basi professionali. La verità è che il nostro mestiere piace a tutti, è come la ragazza più bella della scuola che tutti vogliono, si fanno avanti tanti pretendenti e purtroppo molti lo fanno senza nessuna passione. Non è accaduto ovviamente  su questo set, sono onorato di avere recitato con tanti colleghi di grande valore, preparati e giusti per i vari personaggi tutti accomunati da una certa incoscienza: quando ti ritrovi in guerra se non ce l’hai non riesci a reggere alle difficoltà e all’orrore.

Ricordi qualche momento particolare della lavorazione?

Soprattutto la sequenza della fucilazione, potente e commovente: in questa occasione ho ricevuto una solenne “strigliata” da parte di Zaccaro che inorridiva all’idea che il mio personaggio davanti al plotone di esecuzione morisse in scena in modo ridondante ed enfatico come un cowboy dei film degli anni 60.. In genere quando devi fingere di esser colpito cadi giù come una pera lessa ma appena è stato dato il ciak c’è stato qualcosa che non ha funzionato: il colpo in arrivo verso di me non è esploso e mentre gli altri due carabinieri accanto a me sono cascati giù subito invece io ho iniziato a contorcermi e a cadere lentamente come John Wayne in “Ombre rosse” fino  quando non è arrivato l’urlo di Maurizio che per fermarmi mi ha lanciato contro un calendario oltre a un rovescio di improperi..dovrò pregare molto per far perdonare la sua anima. Quel giorno era tutto molto commovente, Alessandro Sperduti, ad esempio, ha un’emotività molto forte e quando stava per morire in scena è “esploso” in singhiozzi potenti e irrefrenabili mentre Zaccaro lo riprendeva con la sua cinepresa e lo rimproverava fuori campo dicendogli: “Ma che fai? Sei un carabiniere, non puoi!Vergognati!”. Lui però piangeva ancora di più...

 

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