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Metamorfosi stilistiche del primo '900

in onda sabato 18 gennaio alle ore 15,30

Metamorfosi stilistiche del primo '900I compositori che oggi presentiamo, nati tra il 1870 e il 1883, appartengono ad uno stesso periodo ma presentano personalità artistiche e percorsi creativi assai differenti; li affiancheremo oggi per esplorare insieme alcuni significativi esiti della cultura tardo ottocentesca.

Il primo brano è un breve aforisma per violino e pianoforte del viennese Fritz Kreisler (1875-1962), dal carattere cantabile, languido ma sereno nonostante il suo titolo, Pena d'amore.

A rappresentare una ispirazione serena, lontano dai contrasti del proprio tempo e figlio della generazione lisztiana di virtuosi interpreti del pianoforte dediti quasi esclusivamente al proprio strumento, troviamo Leopold Godowsky (1870-1938); del compositore lituano praticamente autodidatta ("in tutta la vita non ho avuto nemmeno tre mesi di lezioni"), ascolteremo una virtuosistica parafrasi da concerto composta nel 1912.

La doppia matrice culturale di Ermanno Wolf Ferrari (1876-1948), volutamente dichiarata nel suo cognome, rivela la sua appartenenza alla cultura mitteleuropea e trova a Venezia e in Baviera le sue origini; con personale ed originale assorbimento delle influenze più diverse, aperto verso il nuovo e legato intimamente alle tradizioni universali (Mozart e Verdi sopra tutti) Wolf Ferrari fu prolifico compositore di opere, cui la cultura pucciniana allora imperante decretò un ineluttabile fallimento.

Vicino per molti versi non solo al nostro Busoni ma anche a Stravinsky (principale personalità di riferimento per la musica di questo periodo, cui dedicheremo un'intera trasmissione), Wolf Ferrari compone spesso per organici ridotti e singolari, adottando anche nei titoli - in linea con tutte le avanguardie del periodo - scelte di parziale rottura con la tradizione formale del passato.

Vero genio del pianoforte, lontano anni luce da Godowsky, il russo Alexander Scriabin (1872-1915) dedicò al suo strumento quasi tutta la sua opera; la sua genialità tout-cour ne fece in certo modo un precursore dell'atonalità, e il suo linguaggio visionario esprime anche una mistica oltremodo originale (la sua ultima opera, della durata di 7 giorni, alla quale si preparò comprandosi un casco coloniale e una grammatica di sanscrito, avrebbe dovuto essere eseguita ai piedi dell'Himalaya e siglare la fine del mondo, ma rimase incompiuta).

Pioniere di un linguaggio che chiaramente manifesta il disfacimento del lessico tonale della tradizione, Scriabin esprime appieno la sua visione tra mistica e mitica nella Sinfonia n. 5 "Prometeo", che nella sua cosmica grandiosità simbolica è tra i lavori più provocatori di quegli anni: eseguito la prima volta nel 1911, il lavoro presenta nelle intenzioni programmatiche dell'autore forti elementi sinestetici nella fusione tra musica e colore.

In modo diametralmente opposto Gian Francesco Malipiero (1882-1973) afferma i valori di una radicale umanità: il profondo amore per la tradizione lo portò a studiare le grandi figure musicali del nostro passato e contemporaneamente le sue composizioni affermano un totale affrancamento dallo sviluppo tematico classico.

Composte nel 1917, le Pause del Silenzio come spiega l'autore "vennero concepite durante la guerra, quando era più difficile trovare il silenzio e quando, se si trovava, molto si temeva d'interromperlo, sia pure musicalmente. Appunto per la loro origine tumultuosa, in esse non si riscontrano né sviluppi tematici, né altri artifici.".

Concepiti come il Prometeo di Scriabin nel 1909, i 6 pezzi op. 6 di Anton Webern (1883-1945) portano a maturo compimento i suggerimenti sull'astrattezza formale del suo maestro Schoenberg; del più controverso tra i tre grandi della nuova scuola viennese Glenn Gould dirà: "La gratificazione dell'intelletto nell'arte è inseparabile da quella dei sensi...(nella musica di Webern) si rivela una regione visionaria di tale paradisiaco incanto".


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