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Grandi direttori: Carlo Maria Giulini (1914 - 2005)

in onda giovedì 2 giugno alle ore 12,00

Grandi direttori: Carlo Maria Giulini (1914 - 2005) "Il San Carlo delle sinfonie", "il Santo dei Santi", "Dominedio". Sono solo alcune degli scherzosi appellativi coniati dai suoi professori d'orchestra per definire la proverbiale bontà d'animo e il rigore nella musica e nella vita di Carlo Maria Giulini (Barletta, 19 maggio 1914 - Brescia, 14 giugno 2005).

"Io sono un musicista che ha dato tutto il possibile alla musica, ma sono soprattutto un uomo che non ha mai accettato nessun compromesso con la sua coscienza per far carriera". Giulini è sempre stato schivo e riservato. Non ha mai fatto vita mondana, non ha mai avuto press-agent, uffici stampa, non è mai stato legato a partiti politici, non posava per fotografi e non si faceva riprendere dalle telecamere. Ma tanta riservatezza e modestia non hanno impedito di diventare popolarissimo.

Violista di fila nell'orchestra dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia negli anni '30, quando ancora c'era la leggendaria sala dell'Augusteo, ebbe l'occasione di suonare sotto la direzione di Richard Strauss, Bruno Walter e Wilhelm Furtwängler. La sua carriera di direttore iniziò subito dopo la guerra. Arturo Toscanini, mentre era nella sua casa di Milano, ascoltò per caso alla radio un concerto diretto dal giovane maestro. Volle subito conoscerlo e da allora lo tenne tra i suoi amici e discepoli fino alla morte.

Direttore stabile dell'orchestra della RAI dal 1945 al 1952, lo hanno invitato e amato ovunque, ha diretto i migliori cantanti, spesso anche la Callas, ha lavorato con Luchino Visconti, ha suonato con i più grandi solisti. Quando i ritmi produttivi, i precipitosi andirivieni dei cantanti cominciarono a trasformare i teatri in tante sale arrivi e partenze, scelse di non dirigere più produzioni operistiche per dedicarsi esclusivamente alla direzione del repertorio sinfonico.

Per Giulini la cosa più importante per l'interprete è servire la musica, e servirla con amore. Dirigere un pezzo è un "atto d'amore", molto vicino ad un atto di fede. E' per questo che Giulini ha diretto soltanto lavori che avevano una qualche affinità con la sua natura. "Devo essere coinvolto al cento per cento, sentire che quel lavoro appartiene a me, alla mia vita, cuore e corpo, tanto quanto alla mente", ammetteva il maestro di Barletta.

Così, caso abbastanza raro, Giulini non ha mai nascosto le sue riserve per la maggior parte della musica contemporanea dei suoi tempi. "Alcuni musicisti, indubbiamente geniali, fondatori di quella che venne denominata "La scuola di Vienna", constatato l'esaurimento delle potenzialità di sviluppo interne alla tonalità, avvertirono l'urgenza di sperimentare un nuovo modello sistematico di aggregazione dei suoni. Un procedimento che io continuo a considerare arbitrario o meglio dannatamente cerebrale, in quanto nulla ha a che vedere con il nostro sistema di decifrazione psicoacustico!". Non è un caso che Giulini abbia affrontato principalmente il repertorio ottocentesco, preferendo gli autori di maggior rigore formale, quali Beethoven, Schubert, Brahms, Ravel.

Ma sono forse le parole di un violinista della Chicago Symphony Orchestra, della quale Giulini è stato direttore stabile dal 1968 al 1973, ad individuare la cifra più identificativa della sua personalità musicale: "Giulini è un grande musicista perché si prende il tempo necessario per conoscere la partitura da eseguire prima di mettere piede in sala prova. Una volta lì può chiedere e ottenere da ciascuno di noi tutto quello che vuole, perché sa".

Nel programma odierno ascolteremo le sue interpretazioni del Concerto n. 5 per pianoforte e orchestra op. 73 "Imperatore" di Ludwig van Beethoven, con Arturo Benedetti Michelangeli e i Wiener Symphoniker, e i Quadri di un'esposizione di Modest Mussorgsky, alla guida dei Berliner Philharmoniker.

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