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Nicola De Angelis

Produttore

Il movimento operaio, quello delle suffragette scontri sociali tra cattolici e protestanti, ricchi e poveri, lavoratori tutelati dai sindacati e datori di lavoro, scontri di piazza, e la cronaca epica delle vite dei personaggi che l’hanno edificato i cui destini si sono intrecciati con quello del celebre vascello, le stratificazioni sociali, l’ambizione, l’avidità, le innovazioni tecnologiche del tempo.

Qual è secondo lei l’originalità di questa nuova produzione?
“Non abbiamo voluto raccontare il tragico affondamento del Titanic nel Nord Atlantico dell’aprile del 1912 ma abbiamo scelto di portare in scena la meravigliosa avventura della sua costruzione a Belfast tra il 1909 e il 1912 presso Harland & Wolff (il più grande cantiere navale del mondo) e la cronaca epica dei personaggi che l’hanno edificato in un’epoca densa di conflitti sociali. Abbiamo dato vita per la prima volta ad una lunga serialità in coproduzione con altri partner stranieri che abbiamo convinto tutti ad accettare durata di 12 episodi da 50 minuti ciascuno (non a puntata chiusa, fatto insolito all'estero). Non si tratta di un documentario: abbiamo portato in scena personaggi realmente esistiti mantenendo l’autenticità storica - garantita dall’esperienza del regista Ciaran Donnelly e dello scenografo Tom Conroy, entrambi reduci da due serie tv di enorme successo come Camelot e The Tudors - anche se c’è stato ampio spazio per la creatività. Abbiamo potuto contare su un ampio spazio di manovra da parte della Rai, sdoganata per l’occasione dal “peccato originale” di non poter agire in modo adeguato sul mercato internazionale: Titanic. Nascita di una leggenda rappresenta un primo importante esempio di come si possa lavorare a coproduzioni di lunga serialità vendute con successo  all'estero superando però la necessità di inserire ad ogni costo l'Italia nella vicenda che si racconta il che rappresenta sempre qualcosa di vincolante e riduttivo, a meno che non ci si confronti con un personaggio universalmente noto. Il nostro Paese è tradizionalmente pigro e affezionato a schemi antichi e il nostro sistema cinema è “drogato” dalla condanna a dar vita ad un unico genere molto domestico, a differenza di quanto avvenga in Francia dove si riesce ad esportare e a co-produrre con sempre maggiore facilità”.

La Dap Italy si è occupata della scelta degli interpreti italiani?
“Una volta individuato un tema adeguato per ogni latitudine è necessario puntare su attori intercambiabili e in questa occasione abbiamo cercato e trovato diversi italiani “elastici” sulla recitazione in lingua inglese come Alessandra Mastronardi, Valentina Corti e Massimo Ghini che interpretano i componenti di una famiglia di emigranti in Irlanda, oltre ad Edoardo Leo, l'unico esterno a questa famiglia. Un prodotto non localizzato in Italia deve poter contare su attori preparati, in grado di reggere dignitosamente il confronto con il panorama ed il mercato internazionale ma quando nei nostri cast ci troviamo a testare interpreti sui 55-60 anni è molto difficile trovare persone di quella fascia d’età in grado di parlare inglese, il nostro mercato è stato troppo a lungo autoreferenziale. L’Italia è un Paese ideale per l’industria dell’audiovisivo, vi si può girare bene ovunque, si può contare su 300 giorni di sole all'anno, su un expertise adeguato, sui migliori tecnici del mondo, ma in futuro dovrà necessariamente allargare il suo orizzonte produttivo, offrendo anche ai nostri talenti la possibilità di emergere, altrimenti si finirà col favorire soltanto chi acquista. A certi livelli nessuno può finanziarsi da solo ma all'estero, ad esempio in Germania e in Francia, molti prodotti domestici sono co-finanziati da fondi regionali appositi, ci sono fondi statali e ritorni ministeriali adeguati..”.

Dove avete scelto di girare  e perché?
“Quando le ricerche della location del cantiere navale in Irlanda si sono rivelate molto difficili noi della Dap Italy abbiamo proposto di valutare l’ipotesi di varie location dell’ex Jugoslavia (dove avevamo realizzato in passato alcune fiction) e abbiamo presto individuato quella giusta in una vecchia fabbrica a Kragujevac, nel sud della Serbia, Non abbiamo pensato di ricostruire l’intera nave, ma solo una sezione dello scafo, i primi 15 metri, il che ha permesso al team degli effetti speciali (composto da ben 45 persone) di ricreare la parte restante del transatlantico con una tecnica digitale molto particolare: lo sfondo verde della post produzione ha permesso di agganciare la scenografia vera su cui gli attori hanno recitato, senza che la sovrapposizione venga mai percepita come tale. Abbiamo poi girato alcune sequenze a Belgrado prima di trasferirci in Irlanda, dove la Belfast dell’epoca è stata ricreata a Dublino e dintorni, per un totale di circa 23 settimane di riprese”

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