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Filosofie contemporanee

Il classico

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di Autori Vari


Giorni fa al Laboratorio Crash di Bologna si è tenuto il Primo festival popolare delll’editoria digitale. Ma iniziative di questo genere ormai si susseguono. Per esempio lo scorso febbraio ha avuto luogo a Milano un convegno intitolato “If Book Then”; incentrato sul futuro delle biblioteche e su come esse si stanno attrezzando rispetto alla rivoluzione digitale, e dove si è parlato infine degli ebook e degli e-reader come possibili luoghi di dibattito. C’è persino chi, sull’onda di questi cambiamenti numerosi e velocissimi, ha coniato la battuta: dal comunismo alla comunity. A Torino invece, poche settimane fa, gli organizzatori di Biennale Democrazia hanno invitato a parlare sul tema Politica e Web la ventitreenne Amelie Andersotter; la più giovane eurodeputata, eletta in Svezia alle elezioni del 2009 nelle fila del Partito Pirata. In quella occasione infatti il nuovo soggetto politico raccolse il 7,1% dei voti sull’onda emotiva scaturita dall’arresto dei quattro fondatori di Pirate Bay, il motore per lo scambio di file su Internet. Di fatto Pirate Bay è uno dei maggiori siti di file-sharing al mondo; è operativo come un normale motore di ricerca; utilizza il protocollo Bit Torrent per la distribuzione e la condivisone di file gratis in rete; ma si distingue dalle altre tecnologie peer-to-peer perché i dati ospitati sono unicamente chiavi utili per rintracciare i documenti condivisi all’interno di migliaia di macchine collegate su Internet. Su quest’ultima distinzione si basò la difesa dei responsabili di Pirate Bay, provando a dimostrare la loro estraneità alla pirateria. La condanna per tutti e quattro ad un anno di prigione, per complicità nella violazione dei diritti d’autore, provocò sdegno presso l’opinione pubblica svedese. Da allora però sono trascorsi due anni e il Partito Pirata, dopo il boom iniziale, è crollato sotto l’1%. Ma Internet ha cambiato l’atteggiamento anche della Chiesa. Se prima il rapporto verso la Rete era simile a quello adottato in passato per i tradizionali mezzi di informazione - e il cui ritornello ripeteva i media sono canali sostanzialmente neutri, buoni o cattivi a seconda di chi li utilizza e dei contenuti che veicolano - ora il livello del dibattito si è elevato, ospitando analisi stimolanti anche per gli studiosi non credenti. E’ il caso fra gli altri di un articolo dal titolo “Verso una Cyberteologia?”, pubblicato dal padre gesuita Antonio Spadaro su “La civiltà cattolica”. Applicando ai nuovi strumenti la lezione di Marshall McLuhan – il teorico dei mezzi di comunicazione la cui principale e più nota teoria era: il medium è il messaggio – Spadaro ha preso atto come la tecnologia abbia trasformato la vita delle persone, obbigando la Chiesa a rimeditare l’immagine e persino la sostanza del divino e della fede, e a riscoprire le visioni anticipatorie di molti intellettuali del secolo scorso; quelle stesse visioni che a suo tempo furono accolte con sospetto dalle gerarchie ecclesiastiche.

Gli avvenimenti che abbiamo descritto sommariamente è chiaro rappresentano solo una parte della trasformazioni in atto. Non abbiamo citato per esempio delle preoccupazioni emerse al recente Festival di Giornalismo di Perugia; dove Peter Ludlow, filosofo della tecnologia presso la Northwestern University dell’Illinois, ha tracciato i pericoli del predominio di Google (che ora concentra le sue energie sui motori di ricerca per gli smartphone, provando a riuscire a tradurre una conversazione telefonica in simultanea...) e di Facebook, aggiugendo nella sua disamina i danni causati dall’intervento in Internet della politica. Mentre Microsoft ha comprato Skype per 8.5 miliardi di dollari, confermando le grandi manovre nella Rete; dove le poste in gioco sono la convergenza tecnologica e la personalizzazione dei servizi per star on-line. Intanto un’inchiesta del Time, a firma di Joel Stein, ha denunciato un business senza regole e poco trasparente; legato alla raccolta dei dati personali, operata da alcune aziende che li acquisiscono sui siti oppure nelle catene commerciali degli acquisti on line, per poi rivenderli a scopi mercantili. Intanto un allarme proveniente dall’America ci ricorda come il computer abbia prodotto generazioni digitali, non più in grado di leggere diari e lettere ed incapaci di scrivere un corsivo decifrabile; mentre un crescente numero di studiosi delusi da Internet, come Sherry Turkle e Jaron Lenier, sottolinea il rischio di delegare alla rete memoria, creatività e capacità critica.

E’ possibile tuttavia individuare un motivo conduttore nella ricerca portata avanti negli anni da alcuni pensatori, protesi ad individuare prima degli altri le novità della storia. In Italia ne abbiamo un esempio brillante nella figura di Mario Perniola, di cui vengono ristampati due libri. Il primo si intitola “La società dei simulacri”, pubblicato negli anni Ottanta ed ora riproposto da Mimesis (editore vicino a questi temi, come conferma “Da Cristo alla borghesia” dove sono raccolti inediti giovanili del filosofo francese Gilles Deleuze; a sua volta oggetto del raffinato saggio “Deleuze cinéphile” di Fabrizio Denunzio, edito da Liguori). Nelle intenzioni dell’autore il testo, di sconcertante attualità a distanza di tre decenni, è stato stampato come numero doppio di Ágalma; la rivista di studi culturali da egli diretta e che con questa iniziativa festeggia dieci anni di attività. Nel frattempo Perniola ha curato per Mulino l’edizione aggiornata de “L’estetica contemporanea”, originariamente apparsa negli anni Novanta col titolo “L’estetica del Novecento”. Un ampio capitolo sul pensiero non occidentale amplia il già vasto raggio d’azione di un libro unico, per capacità di sintesi e ricchezza di spunti, e che rinnova il valore della filosofia e dei suoi principali campi concettuali.

Pure nell’età contemporanea la Francia ha prodotto molti studiosi di valore. Uno dei più noti è stato Jean Baudrillard; che in particolare negli anni Ottanta divenne una celebrità, quasi anticipando l’attuale successo mediatico di Slavoj Žižek (che è stato protagonista all’ultimo Salone del Libro con il recente “Vivere alla fine dei tempi”, mandato in libreria da Ponte alle Grazie). Di Baudrillard sono usciti di nuovo due libri uno più interessate dell’altro. Il primo è “La società dei consumi”, per Mulino, che già negli anni Settanta individuava profeticamente come il consumo rappresentasse un nuovo codice dell’esistenza. Il secondo è “Le strategie fatali”, per Feltrinelli; dove invece lo studioso ammoniva sui nuovi, pericolosi mutamenti della politica e della vita quotidiana.

Per molti osservatori il testimone metaforico di Baudrillard, scomparso nel 2007, è stato raccolto da Jacques Attali, un nome che i lettori italiani conoscono bene per via di una prolifica produzione. Nell’ultimo “Il senso delle cose”, curato da Fazi, egli stabilisce, con l’aiuto di altre grandi personalità, lo stato del mondo e dei suoi possibili rivolgimenti attraverso le parole chiave del XXI secolo. Perché le parole, al di là delle suggestive speculazioni filosofiche, rimangono necessarie.  


A cura di Vittorio Castelnuovo


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